a cura di Enrico de Sanctis
Esistono
diversi modelli e teorie psicologiche che studiano la sessualità dell'essere
umano. L’American Psychological Association (APA), l'Associazione scientifica
americana più riconosciuta in ambito psicologico, considera eterosessualità e
omosessualità due forme normali della sessualità umana. La stessa Associazione
sostiene che le forme della sessualità non sono così definite come la cultura
vorrebbe continuamente proporre in modo inequivocabile. In accordo con l’APA,
sono critico con tutto quel filone "psi" che, fino agli anni
Settanta, considerava l’omosessualità una devianza da un presunto modello
normale e unico di sviluppo sessuale e, oggi, in un modo o nell'altro, tenta di
far rientrare dalla finestra ciò che allora ha fatto uscire dalla porta.
Anche un
certo filone di teorie psicoanalitiche post-freudiane perdono qualsivoglia
valore e senso quando si dispongono di fronte all'essere umano, peraltro carico
della sua sofferenza, con criteri normativi che negano le forme esistenziali
del vivere autentico. Le teorie psicoanalitiche, sopra tutte le altre,
dovrebbero promuovere la libertà d'espressione e l'emancipazione dell'essere
umano attraverso la conoscenza di sé e del mondo.
Quando,
invece, lo psicologo si pone come il professionista che sa qual è il modo
giusto per vivere e, in virtù di questo, dispensa consigli, cade nell'errore
più elementare che può commettere, tipico di chi è agli inizi di questa
professione o di chi è assoggettato alla cultura dominante e non si interroga
sul senso della vita. La cinematografia, per fare un esempio, si serve di
questa figura-burattino sottomessa al potere per enfatizzare, alle volte
giustamente scimmiottare, il comportamento di quegli psicologi che consigliano
ai loro pazienti di vivere in un certo modo, mentre sono loro per primi,
ovviamente, a non riuscirci. Lo psicologo, invece, ha il compito di restituire
al paziente la sua libertà, non di dargli nuove norme. Le stesse teorie che si
pongono nei confronti del comportamento degli esseri umani definendo quale sia
quello giusto e quello sbagliato, si impongono sulla persona, dimenticando la
loro principale funzione, il loro vero valore. La loro applicazione clinica
diventa tecnicistica, direttiva, autoritaria e alla fine controproducente, in
quanto mortifica l'espressività esistenziale dell'essere umano.
Recentemente
un noto psicoanalista francese, Jacques-Alain Miller, si è mosso contro
un'ordinanza ministeriale che toglie allo psicologo proprio la sua autonomia
vitale, al punto da definirlo "un agente di controllo sociale", che
"obbedisce a dei protocolli, fa quello che gli viene detto, raccoglie
dati". Questo agente di controllo, aggiungo io, parla per statistiche e
annulla la singolarità e la soggettività dei suoi pazienti. Essendo un burattino
non può far altro che imprigionare anche i suoi pazienti in un pezzo di legno
inespressivo nelle mani di un burattinaio che ne detiene il potere e lo governa
facendolo muovere a sua immagine e somiglianza: Miller definisce questa figura
professionale "tecno-psi" (il suo articolo è presente nelle News del mio
sito).
La
psicoanalisi, dal mio punto di vista, deve mantenere rigorosamente il suo
privilegio di porsi:
a) in
modo riflessivo e interrogativo nei confronti dell’essere umano e della vita;
b) in
modo decostruttivo dell'ordine socio-familiare, con le sue implicazioni
affettive, in cui l'individuo è immerso, potremmo dire incarnato e da esso
quasi del tutto dipendente.
All'interno
di questo quasi - quindi all'interno di un piccolo spazio - la psicoanalisi può
e deve muoversi, con l’obiettivo di dare al paziente gli strumenti per aprirsi
a un mondo non più prestabilito, allo scopo di vivere in autonomia secondo il
suo soggettivo e personale modo di espressione di sé, aldilà delle persone e
delle norme che lo vorrebbero uguale a se stesse.
Nell'intervista
si discutono temi quali l'origine della sessualità, la differenza tra maschile
e femminile, la cultura normativa eterosessista, il grave falso dei cosiddetti
interventi "riparativi", lo sviluppo affettivo del bambino che cresce
in una famiglia non eterosessuale e altro. In particolar modo si pone l'accento
sull'universalità dell'esperienza omosessuale e sulle differenze dello sviluppo
dell'esperienza eterosessuale.
Per
consultare l'intervista, cliccare qui.
Dott. Enrico de Sanctis
psicologo-psicoterapeuta
Via Canonica 63, 20154 Milano
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